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(Biografia presa da Wikipedia)

Nato a Borgo del Ponte, divenne, giovanissimo, Commissario Regio, poi, a soli 28 anni, primo Podestà di Massa, carica che mantenne per quindici anni. In questa veste egli dimostrò vere ed ineguagliate doti di amministratore, dando alla sua amata Città un assetto moderno, con opere pubbliche imponenti ed innovative. Il Viale Roma, il Lungomare, la Via dei Colli per San Carlo, l’attuale asse viario dell’Aurelia (che prima passava nel centro città, entrando dalla Porta Martana), l’edificio delle Poste, quello del Genio civile, il Liceo Ginnasio furono tutte eseguite durante il suo mandato.

All’ingegno dell’uomo pubblico si affiancava quello dell’artista letterato: autore teatrale, drammaturgo, Bellugi è stato – ed è tutt’oggi considerato – il nostro primo e maggiore poeta dialettale, di tale bravura che la sua fama si estese subito in tutta Italia.

L’ultimo Maggio“, scritto con lo pseudonimo Frigidus, risulta essere tra le sue prime opere per il teatro. “La Via Nòa“, quella che gli dette il successo nazionale, fu tradotta in dialetto veneziano dal più famoso attore teatrale dialettale di quel tempo, Cesco Baseggio, che la mise in cartellone e con la sua Compagnia la rappresentò nelle città italiane. La produzione artistica del Bellugi, frutto di una dedizione accuratissima e di una impeccabile stesura, si scandisce lentamente nel tempo: suo è il testo del prologo alla commedia in massese “Baltromeo calzolaro”, di Paolo Ferrari, autore fondamentale per il teatro italiano, modenese di nascita e massese di adozione.

Il “Prologo al Baltrò” venne scritto dal Bellugi in occasione della rappresentazione dell’opera del Ferrari al Teatro Astor di Massa, nella primavera del 1952. Negli anni intorno al 1960 nacquero altre tre commedie in massese del Bellugi e quella “Gente del Ponto” che ottenne un clamoroso successo al Teatro Guglielmi, con quattro repliche consecutive. La palma dell’opera dialettale del Bellugi spetta, anche per il comune sentimento dei massesi, al “Pan fatto ‘n cà ” pubblicato nel 1970 e composto da ben 29 poesie, una più bella dell’altra. La critica non ha faticato a paragonare il talento del Bellugi poeta al vertice raggiunto in quel campo da Gioacchino Belli. Nel campo della drammaturgia, eccelsa opera del Bellugi è il “Giulio Cibo”, pubblicato nel 1981 dalla Deputazione di Storia Patria per le Antiche Provincie Modenesi, Sezione di Massa e Carrara.

Il dramma, tratto dal testo storico di un altro illustre cittadino massese, il conte Luigi Staffetti (1869-1929), assurse anch’esso a fama nazionale e venne adattato per la R.A.I. radio televisione italiana, che ne aveva stabilito l’allestimento, poi non voluto realizzare, per la messa in onda televisiva.

Ultimo, ma non certo minore aspetto letterario del Bellugi fu quello – inconsueto, e perciò rivelatore di un genio davvero multiforme – di autore di fiabe per bambini. “La bisaccia delle fiabe”, “Fiabe in cielo”, “L’ultimo centauro” suscitarono l’attenzione di Jean Piaget (1896 – 1980), maestro della moderna psicologia infantile. In questo settore, con “La città delle navi”, pubblicata nella raccolta “Fiabe di Mare”, Bellugi vinse nel 1972 la settima edizione dell'”Áncora d’oro”, premio annuale bandito dal Comune di Genova in occasione del Salone nautico, per promuovere racconti inediti di argomento marinaresco.